Le donne al top del potere aziendale
Il 2006 ha visto un'accelerazione dell'ascesa delle donne manager (non azioniste o proprietarie) ai vertici aziendali in Italia. Accentuando un trend già in corso le donne amministratore delegato e direttore generale in aziende italiane con fatturato 2006 superiore ai 40 milioni di euro sono aumentate del 33%.
Secondo l'inchiesta del Mondo, sono oltre 30 oggi le top manager che competono sul mercato alla pari con i loro colleghi maschi, gestendo una fetta di business che vale circa 100 miliardi di euro. Di queste, la metà tiene le redini di aziende con oltre 200 milioni di fatturato. Se si aggiungono poi le manager di primo livello, che riferiscono direttamente al proprio ad, si arriva a poco più di cento nomi che il Mondo ha individuato come depositari del potere al femminile nelle imprese italiane, fra ad, dg e prime linee. Dice Cristina Bombelli, docente della Sda Bocconi, impegnata sulle tematiche delle donne nelle imprese: «Nei momenti di transizione come questo, l'azienda osa più facilmente il cambiamento».
In confronto agli altri Paesi europei, tuttavia, si tratta ancora di una cifra esigua. Secondo la Commissione europea, le donne dirigenti sono, in Italia, solo il 24% del totale dei dirigenti, contro il 35% della Francia, il 32% del Regno Unito, il 39% dell'Irlanda. Inoltre, la percentuale di donne diminuisce a mano a mano che si sale nella scala gerarchica (un fenomeno chiamato segregazione verticale). Rispetto a un tasso medio europeo di occupazione femminile del 55,6% (in Italia è al 42,7%, contro il 57% della Francia, il65% del Regno Unito e il 71% della Norvegia) il top management è infatti quasi tutto maschile. Un'indagine Ue sulle prime 50 società quotate dei 30 Paesi dell'Unione mostra che l'Italia, come percentuale di donne presenti nel top management, è al penultimo posto, prima di Malta e dopo la Spagna, con meno del 5%. Negli Stati Uniti, secondo l'ultima indagine Catalyst 2003 sulle 500 aziende Fortune, sono donne il 15,7% dei manager e il 7,9% dei top. Sono ancora poche, dunque, ma stanno recuperando terreno rapidamente.
Secondo l'inchiesta del Mondo, sono oltre 30 oggi le top manager che competono sul mercato alla pari con i loro colleghi maschi, gestendo una fetta di business che vale circa 100 miliardi di euro. Di queste, la metà tiene le redini di aziende con oltre 200 milioni di fatturato. Se si aggiungono poi le manager di primo livello, che riferiscono direttamente al proprio ad, si arriva a poco più di cento nomi che il Mondo ha individuato come depositari del potere al femminile nelle imprese italiane, fra ad, dg e prime linee. Dice Cristina Bombelli, docente della Sda Bocconi, impegnata sulle tematiche delle donne nelle imprese: «Nei momenti di transizione come questo, l'azienda osa più facilmente il cambiamento».
In confronto agli altri Paesi europei, tuttavia, si tratta ancora di una cifra esigua. Secondo la Commissione europea, le donne dirigenti sono, in Italia, solo il 24% del totale dei dirigenti, contro il 35% della Francia, il 32% del Regno Unito, il 39% dell'Irlanda. Inoltre, la percentuale di donne diminuisce a mano a mano che si sale nella scala gerarchica (un fenomeno chiamato segregazione verticale). Rispetto a un tasso medio europeo di occupazione femminile del 55,6% (in Italia è al 42,7%, contro il 57% della Francia, il65% del Regno Unito e il 71% della Norvegia) il top management è infatti quasi tutto maschile. Un'indagine Ue sulle prime 50 società quotate dei 30 Paesi dell'Unione mostra che l'Italia, come percentuale di donne presenti nel top management, è al penultimo posto, prima di Malta e dopo la Spagna, con meno del 5%. Negli Stati Uniti, secondo l'ultima indagine Catalyst 2003 sulle 500 aziende Fortune, sono donne il 15,7% dei manager e il 7,9% dei top. Sono ancora poche, dunque, ma stanno recuperando terreno rapidamente.
Secondo l'Istat, in dieci anni (1993‑2003) le donne dirigenti sono aumentate del 65%, mentre, nella piccola e media impresa, sono passate dal 4,7% del 2001 al 6,1% del 2004 (Federmanager). Anche perché le caratteristiche manageriali considerate femminili per eccellenza (attenzione ai rapporti interpersonali, capacità di mediazione, flessibilità) rappresentano sempre più un valore aggiunto. Diventano cruciali nell'attribuzione di ruoli chiave, soprattutto nelle aziende multinazionali.
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