venerdì 14 settembre 2007

Pensioni per Baby boomers ?!

Il nostro sistema pensionistico naviga nel rosso da decenni. Siamo nel baratro da tempo e nessuno pensa che il sistema possa mai essere dichiarato insolvente.

Per schiarire le idee e a rafforzamento di questa tesi riportiamo un ammonimento di Alan Greenspan, governatore della Banca Centrale Usa, pronunciato ad una riunione di banchieri statunitensi. “Come nazione dobbiamo promettere ai nostri pensionati solo le prestazioni che possono essere realmente corrisposte. Ho paura che il Paese non sia in grado di onorare le promesse che ha fatto”.

E’ davvero sorprendente, per noi italiani, questo ammonimento perché l’Inps statunitense, a differenza di quello italiano, si trova nella seguente invidiabile situazione:
- ha 150 milioni di contribuenti e soltanto 45 milioni di pensionati;
- nel 2004 ha incassato circa 700 miliardi di dollari e pagato pensioni per un importo vicino ai 500 miliardi di dollari, con un surplus di bilancio di circa 200 miliardi di dollari;
- ha riserve investite in titoli di Stato per 1.900 miliardi di dollari e poiché il surplus di bilancio continuerà per almeno altri 20 anni, si stima che nel 2025 le riserve arriveranno a 6.000 miliardi di dollari.

“Ma non è tutto oro quel che luccica“, avverte Greenspan “infatti, si prevede che fra il 2025 e il 2037 queste enormi riserve verranno prosciugate dal massiccio arrivo fra i pensionati dei baby-boomers, gli 80 milioni di americani nati negli anni dal 1946 al 1964. Ne consegue che entro il 2030 il numero dei pensionati raddoppierà, mentre l’aumento del numero dei contribuenti sarà molto meno esplosivo. Di qui il baratro del disavanzo della “social security” statunitense. Bisogna agire oggi per evitarlo: il bilancio non deve andare in rosso”.

Anche noi avremo il massiccio arrivo dei “baby-boomers” (18 milioni), ma la loro potenziale carica dirompente per le casse dello Stato, ­secondo alcuni esperti, è stata già neutralizzata dalle riforme fatte negli anni 90, dal governo Berlusconi negli anni 2000-2006 e dal governo Prodi 2007. La spesa pensionistica, dicono, aumenterà di poco nei prossimi 25 anni, dall’attuale 14% al 16% del pil, ma è falso perché è invece probabile che la spesa possa arrivare ben più su, fra il 18 e il 20% del pil, perché nel terzo decennio di questo secolo la composizione dell’universo dei pensionati sarà molto diversa da quella attuale: vi saranno molte più donne con pensioni migliori (oggi sono quasi tutte “superstiti”, ossia vedove, con pensioni da fame) e gli uomini avranno una pensione media nettamente più alta, grazie ad una più lunga anzianità contributiva.

Tuttavia la vera valutazione da fare è quella del futuro disavanzo pensionistico, che minaccia di esplodere (ben più della spesa) a causa del cambiamento strutturale che sta avvenendo fra le forze di lavoro: sempre meno lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e sempre più lavoratori a tempo determinato e autonomi. Una spia rossa già la si vede oggi con la scarsa propensione delle imprese ad assumere a tempo indeterminato gli ex-co.co.co., e a contratto di formazione. Ne consegue che nei prossimi 25 anni, a fronte di un importo medio delle pensioni in sensibile aumento, si potrebbe avere un importo medio dei contributi in sensibile diminuzione. A ciò si deve aggiungere una tendenza ancora più certa: numero dei pensionati in forte crescita e numero dei contribuenti stabile o addirittura in diminuzione.

La paura di Greenspan per quanto accadrà nel periodo 2025-2036 (enorme assorbimento di risorse da parte dei “baby-boomers”) dovrebbe far riflettere i nostri esperti del “Nucleo di valutazione della spesa pensionistica” insediato presso il Ministero del Welfare, esperti che vedono miopemente rosa.

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