venerdì 19 ottobre 2007

Elogio ai baby boomers scostumati e stakanovisti

Sono un baby boomer. Nato nel 1951, mi trovo nel cuore di quella curvona che va dal 1946 al 1964 che indica gli anni in cui sono venuti al mondo i veri viziati di questo e del passato secolo, i grandi consumatori di petrolio e di ogni tipo di energia, i ragazzi del '68, quelli che hanno cominciato a scopare fuori dal matrimonio e a parlare (e fare) sesso libero.

Le nostre coetanee hanno inventato il femminismo, pentendosene un po', cambiando però il mondo più di ogni altra rivoluzione. I nostri coetanei gay del Village hanno armato quel casino che fu Stone Wall, senza il quale oggi non avremmo né Calvin Klein né Dolce e Gabbana. In Italia fra dieci anni i più anziani fra noi potranno partecipare alla corsa per la leadership del paese. Io debbo ancora aspettare un po'.

Ebbene da tempo gli americani hanno segnalato (qui un mitico servizio dell'Herald Tribune di una anno fa) che l'economia avrebbe dovuto seguirci nel nostro invecchiamento. Ci saremmo portati dietro i nostri consumi e le nostre polizze, le nostre auto impestanti e il nostro gusto per il week end, come il sacco della merenda.

Ora la scoperta è esplosa anche nelle menti dei pubblicitari.
"Madison Avenue" - dice il New York Times - si è convinta di dover abbandonare una delle sue più amate convenzioni, quella per cui a 49 anni finisce l'età strategica per la pubblicità o perlomeno si esce dalla fascia di coloro che, percettori di reddito e ottimisti per biologia, sono più disposti alla spesa.

Madison Avenue in gergo sono i grandi gestori della spesa pubblicitaria negli USA. Ecco, fino a poco tempo fa, quando varcavi la soglia dei 50 eri uscito dal gioco dei target, facevi il nonno, tiravi alla pensione, insomma non contavi più niente. Adesso sei un grande consumatore. E allora il confine si sposta per reinglobarti.

Insomma i budget dicono che andiamo seguiti fino ai capelli bianchi, perché nessuno come noi ha potuto - e in alcuni casi saputo - mettere insieme alti stipendi, posto assicurato, abitudini a consumare e capacità di farlo. Prima dei baby boomer c'erano i nonni ultrarisparmiatori, vittime delle guerre continue, dopo noi baby boomer c'è l'umanità dolente di chi il suo reddito deve conciliarlo con mercati sempre più mobili e con un benessere ancora tutto da conquistare.

Ecco, gli piaciamo noi baby boomer. Almeno in America. Da noi... beh da noi è tutto diverso, c'è il caso italiano. E' che il baby boomer italiano non ha mica guadagnato così tanto come l'equivalente americano o nord europeo: è andato in pensione baby, magari, questo sì. E' un baby- retiree, come gli steward Alitalia che in questo periodo scoprono in massa di avere la fobia del volo - ma pensa te - e vanno in pensione a 45 anni, con 1300 euro al mese che paghiamo noi che ancora lavoriamo (e i nostri figli che ancora non lavorano). O come i nostri amici già a riposo da qualche anno, fin da quando ne avevano 49 o 50.

Mi hanno lasciato da solo a lavorare. Ma io qui ci sto bene, sono un un vecchio filo americano. Voglio morire lavorando e producendo, e facendo tutte le cose che fanno i baby boomer scostumati, consumisti e anche stakanovisti.

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