domenica 28 ottobre 2007

La felicità secondo Seneca

seneca(2° parte)

Di fronte alla felicità non possiamo comportarci come nelle votazioni, accodandoci alla maggioranza, perché questa proprio per il fatto di essere la maggioranza è peggiore.

I nostri rapporti con le vicende umane non sono infatti così buoni da poterci indurre a ritenere che il meglio stia dalla parte dei più, perché la folla testimonia esattamente il contrario, che cioè il peggio, per l'appunto, sta lì.

Sforziamoci dunque di vedere e di seguire non i comportamenti più comuni ma cosa sia meglio fare, non ciò che è approvato dal volgo, pessimo interprete della verità, ma ciò che possa condurci alla conquista e al possesso di una durevole felicità.

Per volgo intendo sia chi indossa il mantello sia chi porta la corona: io non bado all'apparenza delle vesti che coprono i corpi, non giudico un uomo con gli occhi, dei quali non mi fido, c'è in me una luce migliore e più sicura con cui distinguo il vero dal falso: è l'anima che deve trovare quel bene che solum è suo.

Se mai avrà un momento di respiro per ritrarsi un poco in se stessa, oh come, allora, torcendosi con grande strazio di sé, confesserà la verità e sarà indotta ad esclamare: “Vorrei non avere mai fatto tutto quello che ho fatto sinora, e quando penso a ciò che ho detto provo invidia per i muti, ed ogni mio desiderio lo considero una maledizione dei miei nemici. Buon Dio, quanto mi sarebbe stato più sopportabile ciò che temevo, di fronte a ciò che ho tanto desiderato! Sono stata nemica di molti, e dopo l'odio che ho provato mi sono riappacificata con loro (se mai può esservi tregua fra malvagi), ma non sono ancora amica di me stessa. Mi sono adoperata in tutti i modi per tirarmi fuori dalla folla e farmi notare per qualche mia qualità, e che altro ho ottenuto se non espormi alle frecciate e ai morsi dei maligni? Li vedi questi che lodano l'eloquenza, inseguono la ricchezza, accarezzano i favori ed esaltano il potere? Tutti costoro o sono nemici o possono diventarlo, che è poi la stessa cosa. Tanto folta è la schiera degli adulatori quanto lo è quella degl'invidiosi. Perché non cercare un bene da potersi intimamente sentire, piuttosto che uno da mettere in vetrina? Tutte queste cose che ci stanno intorno, che ci avvincono e che ci mostriamo a dito gli uni agli altri con ammirato stupore, brillano esternamente, ma dentro non sono che miserie”.

E’ da considerare che questo trattato sulla felicità Seneca, filosofo, politico e drammaturgo, lo ha scritto circa duemila anni fa e niente può calzare meglio nella vita politica attuale

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